L’autolesionismo è un fenomeno in espansione soprattutto tra le ragazze in pre-adolescenza: il corpo viene deliberatamente ferito, per di più con tagli o bruciature alle braccia o alle gambe.
In genere le ferite vengono svelate “per caso” a scuola, a una amica del cuore, o ad una professoressa fidata, a cui viene chiesto di mantenere il segreto.
Su Internet la stessa esperienza viene socializzata in gruppi dove si condividono storie, consigli, sfide e tentativi di auto-aiuto, controproducenti.
Alla domanda “Perché lo fai?” la risposta può essere. “lo faccio per sentire qualcosa”, o “per non pensare più a niente”.
Dalle esperienze di trattamento di queste situazioni, emerge che l’atto di procurarsi ferite ha a che fare con l’urgenza di riempire un senso di vuoto oppure con il tentativo di cancellare un turbine di pensieri e emozioni con un gesto che, mentre distrugge, dà sollievo.
Emerge fortemente il tema della rabbia per situazioni in cui non ci si sente visti e riconosciuti, rabbia verso persone di cui ci si sente vittima, una rabbia che, per incapacità ad elaborare e gestire le emozioni, viene agita contro di sé, mettendo in scacco gli adulti.
I genitori, una volta svelato il segreto delle ferite, possono sentire terrore per la vita del figlio insieme con l’idea che sia tutto fatto un po’ per gioco, “per moda”. Oscillano tra reazioni di rabbia, preoccupazione e senso di impotenza, rimanendo bloccati pietrificati in impasse in tilt.
L’autolesionismo all’interno di ciascuna storia può assumere significati diversi, con diversi livelli di gravità per la salute. Sicuramente è un sintomo che richiede presenza e fermezza da parte degli adulti.
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