𝑀𝑎𝑟𝑖𝑎𝑛𝑛𝑎 𝑆𝑏𝑎𝑟𝑑𝑒𝑙𝑜𝑡𝑡𝑜 – 𝐷𝑜𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒𝑠𝑠𝑎 𝑖𝑛 𝑃𝑠𝑖𝑐𝑜𝑙𝑜𝑔𝑖𝑎 𝐶𝑙𝑖𝑛𝑖𝑐𝑎 𝑒 𝑑𝑖 𝐶𝑜𝑚𝑢𝑛𝑖𝑡𝑎̀
La rabbia è un’emozione che può far paura e Giorgia, una ragazza che frequenta la seconda media, lo sa molto bene. Nello spazio a lei riservato allo sportello d’ascolto della sua scuola racconta infatti come le capiti spesso di trovarsi a convivere con questo “mostro” che non sa come controllare, che cerca in tutti i modi di inibire, ma che non può fare a meno di sentire. Esternarlo non sembra essere un’opzione: prova allora a far finta di nulla e mette in atto dei tentativi per reprimerlo il più possibile, fino a scoppiare in reazioni improvvise e fuori contesto. La rabbia è una risposta ad uno stato di frustrazione causato da un fallimento, da una mancata gratificazione attesa, da un’ingiustizia. Molto spesso però, come nel caso di Giorgia, può essere una risposta messa in atto perché tutto sommato, per quanto costi fatica e dolore, è una buona alternativa ad altre emozioni, come la colpa o la vergogna, che possono rivelarsi dei muri ancora più duri contro cui andare a sbattere. Questo cambio emotivo di rotta viene spesso vissuto dagli adolescenti, ai quali capita di sperimentare il desiderio e il bisogno di “essere visti”, ma che non sempre sono attrezzati a reagire quando il rimando di chi li guarda non soddisfa sufficientemente le loro aspettative. Così, come ci racconta la nostra protagonista, la tendenza è quella di prendere le distanze passivamente dal possibile giudizio senza protesta, ma con addosso una forte rabbia tanto perturbante quanto, se non correttamente usata, controproducente. Risulta allora fondamentale che chi ricopre una qualsiasi figura di stampo educativo con bambini e ragazzi possa essere un sostegno affinché imparino a toccare con mano la loro rabbia, a considerarla uno strumento che può migliorare la qualità del loro modo di stare in relazione. In tal senso è importante aiutare Giorgia a conoscere un po’ di più quel mostro che sente di avere dentro: capire com’è fatto, di cosa ha bisogno, ascoltare cosa le sta dicendo e cosa lo ha reso così grande dentro di lei. Solo così potrà smettere di averne paura e, imparando a legittimarlo e a gestirlo, sarà disposta a farlo emergere un po’ di più senza il terrore di perdere il controllo o la paura che chi la circonda, vedendola, si allontani.