𝑀𝑎𝑢𝑟𝑜 𝑀𝑎𝑟𝑡𝑖𝑛𝑎𝑠𝑠𝑜 – 𝑝𝑠𝑖𝑐𝑜𝑙𝑜𝑔𝑜 𝑝𝑠𝑖𝑐𝑜𝑡𝑒𝑟𝑎𝑝𝑒𝑢𝑡𝑎
Una relazione sufficientemente buona è fatta di ascolto, di reciprocità, di attenzione ai bisogni dell’altro e di collaborazione. Al contrario, una relazione disfunzionale è caratterizzata da egocentrismo, affermazione di potere e di assoggettamento “dell’altro” alle proprie esigenze. L’altro non è visto come interlocutore ma solo come funzionale a sé. La prima produce creatività, energia e trasformazione, la seconda genera chiusura, insoddisfazione, rabbia e cristallizzazione.
Scuola e psicologia sono due entità con un compito importante e delicato, che si occupano di situazioni complesse e, per questo, necessitano di buona collaborazione e quindi di buone relazioni. Questo richiede che entrambe guardino “all’altra” come interlocutore prezioso e che limitino le proprie autoreferenzialità. Ciascuna può essere risorsa per l’altra nello svolgere la propria funzione.
Per la scuola la psicologia può essere risorsa nell’inquadrare le problematiche e nel definire in modo condiviso le modalità di intervento, inoltre la psicologia può fornire chiavi di lettura, metodologie e settimo per la gestione delle relazioni, queste fonte della maggior parte negli stati di malessere di studenti e adulti. Per la psicologia la scuola può essere luogo di prevenzione, di individuazione precoce di situazioni di disagio e di intervento indiretto attraverso il supporto e la formazione per gli adulti. Una cooperazione autentica e funzionale richiede tuttavia il riconoscimento dell’altro come interlocutore.
La psicologia non può pensare alla scuola come ad un avamposto della clinica dove riparare chi non funziona adeguatamente, senza pensare al contesto, alla funzione della scuola ed alla necessità di essere risorsa per la scuola stessa mettendo a disposizione conoscenze e strumenti adattati al lavoro del docente e di quanti devono gestire. Soprattutto la psicologia non può e non deve interloquire con i docenti come se fossero terapeuti ma deve fornire indicazioni funzionali al loro ruolo. La scuola non può pensare alla psicologia solo come all’agente normalizzatore dei funzionamenti, a cui commissionare interventi che lei stessa individua come opportuni e quindi senza considerarla partner di analisi e di strategie.
Una non deve sostituire l’altra ma insieme possono dar vita a un incontro fecondo, di confronto e di aiuto reciproco per una relazione creativa e trasformativa che produca benessere per adulti e minori.