In Italia uno studente su quattro incontra difficoltà in matematica nel corso della sua carriera scolastica. Molti di questi bambini e ragazzi continueranno a pensare per tutta la vita di “non essere portati” per i numeri.
Eppure, nasciamo con competenze matematiche innate in termini di stima e di conteggio già rilevabili a partire dalle prime ore di vita, tanto quanto nasciamo predisposti per apprendere il linguaggio.
Ma quelle abilità matematiche innate non solo non si sviluppano, ma addirittura regrediscono e sembrano scomparire come un fiume in secca…possibile? Quale la causa della siccità?
Pensate a come si sviluppa il linguaggio. A quante occasioni i care giver hanno di sostenere il bambino nella sua acquisizione di parole nuove e nella costruzione di frasi sempre più complesse.
Quando il cucciolo di casa entra a scuola il suo linguaggio è quasi sempre adeguato, con un numero di parole sufficienti a farsi capire è a raccontare di sè e delle sue esperienze.
Il linguaggio è sostenuto, co-costruito e rinforzato quotidianamente.
E i numeri? Spesso è come se i numeri giacessero in scatoloni riposti in soffitta, in attesa di essere tirati fuori all’ingresso nella scuola primaria. Si insegna ai bambini l’etichetta (verbale!) del numero, la sequenza fino a dieci e oltre, ma non si esercitano quelle abilità innate di stima e di conteggio alla base delle capacità di calcolo a mente successive.
È come se, dopo le prime paroline, si obbligasse il bambino al silenzio in attesa della scuola primaria dove imparerà le parole più complesse e le frasi: che capacità comunicative svilupperebbe? Quanti sarebbero a quel punto i bambini con difficoltà di linguaggio?
La familiarità con i numeri, il poter giocare con loro, la capacità di sfruttare i loro aspetti visivi, la loro manipolazione potrebbe permettere di vivere la matematica con meno ansia e timore e, forse, di ridurre il numero degli allievi che ha difficoltà in questo ambito.
Ombretta Veneziani – Psicologa Psicoterapeuta