𝑅𝑒𝑏𝑒𝑐𝑐𝑎 𝑅𝑢𝑜𝑡𝑜𝑙𝑜 – 𝑝𝑠𝑖𝑐𝑜𝑙𝑜𝑔𝑎
Il passaggio dall’infanzia alla preadolescenza porta con sé molti compiti evolutivi da affrontare, uno fra tutti è la trasformazione nelle modalità relazionali tra pari. Presso gli sportelli scolastici i ragazzi e le ragazze, spesso raccontano di vivere il rapporto con i compagni come fonte di malessere, incontrando maggiori difficoltà rispetto alle relazioni d’amicizia tipiche della scuola dell’infanzia e della primaria. Il disagio riguarda la paura di essere osservati, criticati e giudicati dagli altri; in questa fase evolutiva l’occhio dell’altro inizia ad avere un peso maggiore anche nella definizione di sé. Le difficoltà nascono dal percepire di doversi omologare e di doversi comportare come gli altri desiderano, allontanandosi progressivamente da quelli che, fino a ieri, erano considerati delle certezze sui propri interessi e valori. I ragazzi si descrivono come pesci fuori dall’acqua, e questo sentimento di inadeguatezza può diventare così pesante e difficile da sopportare che è preferibile fare un passo indietro e tenersi in disparte, interagendo sempre meno con gli altri. In questi casi osserviamo ragazzi con una forte componente depressiva, di chiusura verso le relazioni ed un profondo senso di vergogna che li conduce verso una socialità sempre più selettiva, solitaria e ritirata. Alcuni ragazzi ne attribuiscono le cause a difficoltà personali, vivendo sentimenti di bassa autostima e vergogna; mentre altri tendono ad attribuirle ad atteggiamenti poco inclusivi da parte degli altri. E’ importante che i ragazzi conoscano la possibilità dell’esistenza delle vie di mezzo, ossia la possibilità di rimanere se stessi ma mescolandosi anche con chi è più distante, poiché il rischio è di rimanere troppo in disparte perdendosi i momenti di socializzazione e di crescita. Inoltre, restituire ai ragazzi la responsabilità di ricercare una soluzione davanti a difficoltà personali, diventa indispensabile per accompagnarli, senza sostituirsi, nel compito evolutivo della socializzazione.