𝐴𝑚𝑏𝑟𝑎 𝐷𝑜𝑛𝑒𝑔𝑎̀ – 𝐷𝑜𝑡𝑡.𝑠𝑠𝑎 𝑖𝑛 𝑃𝑠𝑖𝑐𝑜𝑙𝑜𝑔𝑖𝑎 𝐶𝑙𝑖𝑛𝑖𝑐𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑆𝑣𝑖𝑙𝑢𝑝𝑝𝑜
L’esperienza a scuola ci mostra quanto la dimensione dell’aspettativa sia vitale per sostenere la crescita. L’aspettativa è quella spinta che porta ad immaginare la collocazione del proprio figlio, o del proprio studente, nella dimensione futura, quello slancio che dà forma alle attese e alle fantasie intorno al suo avvenire. Quando però nei giovani si incontrano fragilità e mancanza, accade che questa spinta si perda e che l’orizzonte tracciato dalle aspettative si restringa: l’incontro con la mancanza, con la fragilità, con la diversità, getta nel campo dell’imprevedibilità e finisce per ingombrare l’intero spazio rappresentazionale nella mente dell’adulto, facendo traballare ogni scenario futuro. In queste condizioni, il rischio è di perdere lo sguardo prospettico che pone l’altro in una dimensione di divenire, e di consegnarlo ad un “eterno presente”: se l’orizzonte dell’aspettativa si infrange, infatti, viene meno anche quella fondamentale spinta propulsiva, quella tensione in avanti, che funziona da motore per la crescita. È lo “sguardo di ritorno” dell’adulto che permette al bambino prima, e al ragazzo poi, di percepirsi riconosciuto nelle conquiste, nelle sue risorse, nelle sue qualità, e allo stesso modo lo stimola a metterle in campo. Quando non è più possibile nutrire l’immaginario di attese, aspettative, speranze, allora resta la rassegnazione che soffoca ogni possibile dinamismo, che non lascia spazio al movimento e, anzi, inchioda ad un’immagine statica dell’altro, immobile, sempre uguale a sé stessa. Ecco che prendere contatto con la realtà del soggetto, attraverso la conoscenza che si sviluppa nella relazione, è condizione fondamentale per ritrovare un’immagine che sia misurata intorno ai limiti e alle risorse, che sia arricchita delle sue peculiarità, che sia dinamica perché sensibile ai più piccoli spostamenti e perché messa in movimento dall’aspettativa.